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Calcio: la parabola di Massimiliano Allegri, dall’esonero alla finale di Champions League

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A un passo dall’Olimpo, da quel triplete riuscito a pochissime squadre (e pochissimi allenatori) nella storia del calcio. Ad averglielo detto nel febbraio 2014, all’indomani dell’esonero dal Milan, Massimiliano Allegri avrebbe fatto rinchiudere tutti per pazzia. Con ragione. E probabilmente anche nello scorso luglio, quando Antonio Conte improvvisamente lasciò la Juventus dei tre scudetti consecutivi e la scelta di Giuseppe Marotta ricadde proprio sull’ex rossonero non senza polemiche da parte del pubblico di fede bianconera. Ora invece, dopo il quarto tricolore e la Coppa Italia, la Vecchia Signora dell’allenatore toscano attende Berlino e la finale di Champions League contro il Barcellona.

Nato a Livorno nel 1967, Allegri da giocatore ha vestito le maglie di oltre dieci squadre: Pescara, Cagliari, Perugia, Padova e Napoli le più prestigiose. Proprio a Pescara è stato allenato da Giovanni Galeone, dal quale ha “rubato” tanto una volta sedutosi in panchina. L’esordio all’Aglianese, ultimo club da professionista, è datato 2003-2004. Il primo anno magico è il 2007-2008: Sassuolo in B al termine di una cavalcata entusiasmante culminata con la promozione diretta. Poi il Cagliari, doppio salto di categoria: nelle prime cinque giornate arrivano altrettanti ko che lo portano a un passo dall’esonero, ma Massimo Cellino gli conferma la fiducia alla vigilia di un posticipo domenicale contro il Milan. Il match termina 0-0, Allegri ottiene il suo primo punto in Serie A e termina nono il campionato espugnando l’Olimpico di Torino con un 2-3 alla Juventus che in Sardegna è ancora leggenda.

Il 4-3-1-2 che esalta i rossoblu viene confermato anche nella prima stagione al Milan. E’ il 2010-2011 e la dirigenza rossonera regala all’esordiente tecnico uno svedese di nome Zlatan Ibrahimovic. A maggio sarà scudetto, grazie ai gol di Ibra ma anche a quelli di Pato, decisivo nel derby di ritorno vinto 3-0. Il Milan si presenta grande favorito anche per l’annata successiva, ma – dopo l’1-1 interno con la Juventus condito dalle polemiche per il gol annullato a Sulley Muntari del 25 febbraio – crolla nella settimana di Pasqua uscendo ai quarti di Champions contro il Barcellona e perdendo 2-1 in casa con la Fiorentina. Antonio Conte e i gladiatori bianconeri, nettamente inferiori tecnicamente rispetto a oggi ma spinti da una fame mai vista che eviterà sconfitte in campionato, ringraziano, sorpassano e si lanciano verso il titolo numero 28.

Il resto è storia recente: il terzo posto del 2012-2013 con l’arrivo di Mario Balotelli a gennaio e il gol di Philippe Mexes a Siena nell’ultima giornata, l’esonero nel gennaio 2014 dopo una prima parte di stagione condita da molti errori – dirigenziali ma anche di Allegri – e la chiamata della Juventus a luglio. Contro tutti i detrattori, il tecnico di Livorno ha conquistato la fiducia della piazza settimana dopo settimana. E’ stato perfetto nel passare gradualmente dalla difesa a tre di Conte alla sua preferita, quella a quattro, e ha potuto contare su giocatori di classe e nel pieno della forma fisica per andare all’assalto di tutti i traguardi. E ora è a un solo gradino dal trionfo più grande, che alla Juventus manca dal 1996.

Spesso dipinto come un allenatore oltremodo “statico” e dalle scarse capacità motivazionali, Allegri ha saputo migliorarsi anno dopo anno restando fedele ai propri principi e riuscendo contemporaneamente a limare i suoi difetti. Al Milan era accusato di essersi fossilizzato sul 4-3-1-2 e di non saper leggere le partite con i cambi: in bianconero, come detto, ha ottenuto grandi risultati anche con il 3-5-2 e – ultimo esempio – può ringraziare l’ingresso di Alessandro Matri nella finale di Coppa Italia disputata mercoledì scorso. La base però è rimasta immutata: difesa solida (con i rossoneri, nel girone di ritorno del campionato vinto, subì appena sette reti con un Thiago Silva divino), centrocampo di sostanza (Biondini e Lazzari al Cagliari, Flamini e Nocerino al Milan, Sturaro e Pereyra alla Juventus) e un attaccante forte fisicamente per permettere gli inserimenti dei mediani. Non a caso Carlitos Tevez era stato corteggiato a lungo in rossonero, quel Tevez che ora vuole trascinare i suoi a Berlino contro l’amico/rivale Lionel Messi.

 

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Foto da: pagina ufficiale Facebook Juventus

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