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Atletica, Europei 2014 – Italia, in ripresa ma che fatica! Top & Flop: come diventare grandi?

Stefano Villa

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Ieri si sono conclusi gli Europei 2014 di atletica leggera a Zurigo (Svizzera). Come sta l’Italia? La nostra approfondita analisi sul nostro movimento, con tanto di voto.

 

ITALIA: 6, ma sotto stretto controllo (con debito, per uniformarci alle pagelle scolastiche). L’atletica italiana è ammalata e questo è evidente, ma qualche scorcio di luce si è visto a Zurigo.

Non stiamo bene e sarebbe folle negarlo, però qualche sorriso gli azzurri sono riusciti a regalarcelo. Sia chiaro: non andiamo troppo ad esaltare il nono posto nel medagliere (2 ori e 1 argento, due allori venuti dalla stessa disciplina) né il nono posto nella più veritiera classifica a punti.

La strada per arrivare davvero a un livello accettabile e serio è ancora molto lunga. La spedizione di Zurigo ha avuto due volti: i primi tre giorni davvero negativi, gli ultimi tre molto positivi. A dare la sterzata ci ha pensato lo show di Libania Grenot: dopo il numero della Panterita la squadra si è ringalluzzita e si è fatta apprezzare.

 

Tante, però, le cose negative. Troppi gli atleti convocati al Letzigrund. Vero tutti avevano il minimo, però sono arrivate davvero tante controprestazioni, di cui c’era già ampio sentore prima del 12 agosto. Rimaniamo del nostro avviso: si va a un Europeo (o a un evento internazionale) solo se si hanno le speranze di poter ben figurare.

La gestione delle punte di diamante non è stata delle migliori. Perché portare Daniele Greco in queste condizioni fisiche disastrose? Non siamo dei medici, ma se lui stesso temeva per il suo tendine d’Achille… Alessia Trost è in netta ripresa, ma purtroppo un’occasione importantissima è sfumata a causa del crac invernale. José Bencosme, visti i 400m ostacoli proposti in questa settimana, era ampiamente da medaglia. Andrew Howe, con questo salto in lungo di livello mediocre, avrebbe avuto l’ennesima chance della carriera. Eleonora Giorgi arrivata in condizioni non perfette (poi comunque ottima quinta). E la lista degli azzurri bloccati a casa è ancora più lunga. Perché, in Italia, si infortunano così tanti atleti? Metodologie di allenamento errate? Cure mediche non corrette? Ci piacerebbe tanto avere la risposta definitiva.

 

Diversi settori sono praticamente allo 0. Pensiamo ai lanci maschili (non ce ne voglia il nostro grande capitano Nicola Vizzoni ma ha 40 anni e non può essere eterno); ai lanci femminili, salvati solo da una bravissima Chiara Rosa; al mezzofondo maschile, tenuto in piedi solo dai 3000m siepi di Yuri Floriani; i salti in estensione sono davvero al minimo storico, con Darya Derkach a misure quasi indefinibili, i ragazzi del lungo che non riescono a piazzare una qualificazione abbordabile (si andava a medaglia con 8.11, pochissimo!).

 

Ovviamente ci sono anche le note positive. A cominciare dallo stretto risultato: 3 medaglie è un bel bottino, su cui si sarebbe firmato alla vigilia (intesa come un mese fa, non come “anno scorso” dove si sperava di invadere il catino elvetico e farne quasi una seconda terra azzurra). 18 finalisti (cioè piazzati nelle prime otto posizioni).

Maratona azzurra dominante. Oro Meucci, argento Straneo, Coppa Europa femminile. Daniele ha detto correttamente: “Spero di portare avanti la tradizione della Maratona Italiana”.

Libania Grenot ritrovata, maturata definitivamente: ora le superlative gambe sono comandate da un’eccellente testa, da una concentrazione che ci ha davvero impressionato. La Panterita è venuta a Zurigo per vincere l’oro e lo ha fatto!

Si è parlato tanto di giovani e di loro grande esplosione. Sì, è vero ma non se ne sono visti tantissimi. Federica Del Buono, Diego Marani hanno impressionato di più; inseriamoci ovviamente anche Gianmarco Tamberi e Marco Fassinotti, Eleonora Giorgi, Alessia Trost. Non ce ne vogliano gli altri.

Federica è stato superlativa sui 1500, con un acume tattico sbalorditivo per una 19enne: quinto posto finale, in lotta fino al traguardo. Certo con fenomeni come Hassan e Aregawi (in Europa) e le altre big mondiali sarà sempre durissimo.

Diego ci ha davvero sorpreso con il quinto posto sui 200 metri e soprattutto con quel 20.36 che è il terzo tempo italiano di sempre, alle spalle del mito Pietro Mennea e Andrew Howe. Ma anche per il ligure vale lo stesso discorso: giamaicani, statunitensi e quant’altro la velocità è sempre più difficile.

Il weekend ci ha regalato delle bellissime staffette, vero termometro del movimento atletica. Ecco se guardassimo solo questi risultati il bilancio degli Europei sarebbe da 7 abbondante in pagelle: tre su quattro in finale, una a quattro centesimi dal podio, una in piena lotta (poi errore al cambio), una solidissima e con grandi aspirazioni che però si è sciolta in pista. Ma anche qui salta fuori un’altra “magagna”: il progetto staffette degli ultimi anni. Al Letzigrund sono proprio mancati i cambi e quell’affinità (tecnica, perché emotiva c’era eccome) che vanno provati e riprovati in allenamenti di squadra. Basti pensare all’allungo errato di Obou o all’imperfezione del passaggio di testimone ad Alloh che ci ha tenuti giù dal podio della 4×100 femminile.

 

Giomi ha addirittura affermato: “Un giorno vorrei essere come la Francia”. Ma magari! Servono, però, davvero tante cose e un deciso cambio di rotta nella nostra mentalità e nella nostra organizzazione. Prima di tutto ci deve essere la politica del risultato: se un atleta ripetutamente realizza prestazioni non all’altezza bisogna fare la “dura” scelta di tagliarlo. “Scegliere su chi investire” ha detto Giomi. Esatto, concordiamo: solo sui migliori, sui meritevoli, sugli atleti che seriamente possono ben figurare in competizioni internazionali.

Poi una politica di allenamento mirato, preparazione seria, analisi dei risultati, sedute tecniche. Mi viene in soccorso la prestazione di Daniele Meucci: in quella Maratona non c’è nulla di improvvisato, sono stati 42km impostati nel minimo dettagliato, studiati per tutta la stagione. Dovrebbe funzionare così per tutti i nostri rappresentanti.

Andare a lavorare su tutti i settori dell’atletica leggera, individuare anche le specialità in cui c’è più possibilità di emergere. Lanci e salti sono, proprio per questo motivo, da andare subito a coprire massicciamente. Sono 16 i titoli messi in palio attraverso i concorsi, contro i 20 della pista pura dove (inutile negarlo) la concorrenza a livello planetario è molto più competitiva. La matematica non è un’opinione.

Più lavoro nelle scuole, più corsi di preparazione per i tecnici (gioiamo per Libania, ma si allena negli USA con preparatori stranieri…), più aggiornamento.

Si è parlato della mancanza di fondi. Può anche essere vero, anche se ci sono sport che percepiscono molto denaro. Fare un paragone con il calcio non serve ed è inopportuno.

Si può crescere, ma serve un’analisi approfondita della debacle, un lavoro costante di preparazione, scovare nuovi talenti, limitare gli infortuni e/o curarli meglio, non spremere gli atleti da juniores ma creare per loro un percorso graduato che porti alle medaglie che contano. Solo così, davvero, la nostra atletica potrà crescere.

 

Prossimi obiettivi? Europei indoor 2015 (sperando che però non si alzino gli esagerati toni trionfalistici stile Goteborg 2013), Mondiali di Pechino 2015 ma soprattutto la marcia di avvicinamento alle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016. Il clou del quadriennio!

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