Hockey ghiaccio
Hockey su ghiaccio: Italia, prendi esempio dalla Slovenia!
Un po’ di rammarico c’è stato nel vedere Austria, Svizzera e Slovenia a Sochi e il Blue Team a casa. Tutti paesi dell’arco alpino che, chi più chi meno, hanno ottenuto risultati strabilianti negli ultimi anni. E’ vero, la qualificazione è sfuggita per un pelo, a causa di uno disgraziato primo tempo della prima partita del torneo di qualificazione proprio contro l’Austria, ma questo non deve distogliere l’attenzione sulle mille difficoltà che imperversano attorno al movimento hockeistico italiano.
Tralasciando la situazione dell’impiantistica sportiva e il disinteresse istituzionale che coinvolge gran parte degli sport (vedasi poligono olimpico di Torino 2006) quello che manca assolutamente nel nostro movimento è la volontà di collaborare tra le società, questione che ha portato a una sorta di reazione a catena con compagini emigrate nell’ultimo anno nei vari campionati esteri. Non meno importante è l’assenza di una federazione hockey ghiaccio indipendente, presente in paesi come Turchia e Sud Africa e assente in Italia dal 1952. Fattori che insieme alla non facile situazione economica, impediscono la crescita dei nostri giovani, il che non vuol dire buttarli in prima squadra allo sbaraglio, ma investire su tecnici preparati in grado di farli maturare sin da piccoli. Un po’ quello che succede in Slovenia, capace di arrivare ai quarti di finale di un‘Olimpiade con soltanto 148 tesserati. Un roster di 25 giocatori con un’età media di 26,76, tutti nati e cresciuti nel piccolo stato dei Balcani e pronti sin da subito ad affrontare campionati impegnativi. Anze Kopitar in NHL e Jan Mursak in KHL ne sono un esempio.
Purtroppo il discorso sui problemi dell’hockey si ripete, avallato dai continui sali e scendi del Blue Team, da tanti anni. La politica di utilizzare quasi esclusivamente gli oriundi non ha aiutato a sviluppare il movimento. Sia chiaro ben vengano gli italoamericani, ma questi dovrebbero essere utilizzati per far fare un salto di qualità alla nazionale non per togliere le castagne dal fuoco quando serve. Anche perché i giovani di talento nascono pure da noi, tra il 1990 e il 1994 c’è una nidiata che ha già ottenuto risultati importanti nell’U20.
L’ex giocatore Martin Pavlu, chiamato il cigno per la sua eleganza sui pattini, ha un’idea ben precisa: “Diamo fiducia ai nostri ragazzi, non tutti a 18-19 anni possono dimostrare il loro valore, ma sfido chiunque a dare loro lo stesso supporto che viene dato agli stranieri e vedere alla fine chi viene fuori”. Sono moltissimi inoltre i ragazzi lombardi e piemontesi che giocano nei settori giovanili in Ticino, la passione per l’hockey è viva e con una buona organizzazione si potrebbero conquistare risultati importanti. Fondamentale sarà ampliare il bacino da dove pescare giocatori, cancellare l’immagine un po’ folkloristica che ci vede mangiare pane e pallone collegando l’hockey con la scuola come avviene, ad esempio, a Bolzano dove è nato da poco un nuovo progetto “Bolzano-Bozen Hockey Academy”. Qui i ragazzi possono tranquillamente giocare e studiare presso il liceo Scientifico “Toniolo” ad indirizzo sportivo.
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francesco.drago@olimpiazzurra.com