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Ginnastica, l’eternità di Vanessa Ferrari: perché il trionfo mondiale è nei cuori. La leggenda di chi ha cambiato l’artistica in Italia

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Prima di vedere, in Italia, un’altra ginnasta come Vanessa Ferrari probabilmente bisognerà aspettare ancora qualche decennio. Se avremo la fortuna di poter ammirare con i nostri occhi un talento che sia quantomeno paragonabile a quello della più grandi di tutti i tempi (alle nostre latitudini, naturalmente).

Vanessa Ferrari ha rappresentato (pardon, rappresenta e speriamo si possa utilizzare il presente ancora per qualche anno) una stella, un faro, una luce in uno sport che al femminile poco ci aveva regalato in un secolo di storia: la medaglia d’argento della squadra di Carla Marangoni alle Olimpiadi 1928 e tre podi ai Mondiali, tutti nel 1950 (argento e bronzo alla trave con Macchini e Nuti che contribuirono poi al terzo posto della squadra). Insomma: per una vita siamo stati solo delle piccole comparse in un panorama dominato dal blocco sovietico e rumeno (le statunitensi sono arrivate molto, molto tempo dopo).

Come si dice in gergo: non avevamo mai toccato palla. In pochi avrebbero probabilmente creduto che un giorno un’italiana si sarebbe laureata Campionessa del Mondo nel concorso generale, la gara della gare, quella che incorona la Reginetta della Polvere di Magnesio. In fondo era davvero pura fantascienza, inconcepibile per chi non masticava l’artistica e forse solo un sogno anche per chi poi avrebbe compiuto il miracolo azzurro.

 

Il 19 ottobre 2006 è il giorno in cui l’artistica (sempre femminile, sia chiaro) ha totalmente cambiato faccia nel nostro piccolo Paese. Sì, che si potesse fare bene con le ragazze si era capito da qualche stagione, il 29 aprile di quello stesso anno La Squadra aveva realizzato il miracolo laureandosi Campionessa d’Europa a Volos sconfiggendo i colossi Russia e Romania ma ad Aarhus è stato tutto diverso.

L’attenzione che si è catalizzata attorno a Vanessa Ferrari è irripetibile. Non era mai successo e chissà quando ricapiterà di avere così ampio spazio, così tanta notorietà, così tanta attenzione su una disciplina storicamente ai margini. Prima del reality, con un risultato sul campo.

Nel 2005 i Giochi del Mediterraneo avevano incoronato la Cannibale di Orzinuovi, vincitrice di cinque medaglie d’oro sulle sei a disposizione! Ad Almeria qualche pensierino si era fatto sulla possibilità di conquistare l’iride, ma tra il dire e il fare…

 

Non si vuole fare torto a chi è venuto prima, sia chiaro. Vanessa Ferrari è però stata la svolta per tutto il movimento, sia a livello di risultati che a livello tecnico. A 10 anni di distanza da quei momenti siamo ancora qui a parlarne e a ricordarne, con lei ancora qui a lottare contro delle ragazzine, sfiorando una medaglia olimpica e volendo continuare l’attività agonistica dopo le batoste di Rio e Londra.

Non è solo un Mondiale, non è solo grandezza ginnica ma dietro c’è tanta caparbietà, tanta voglia di crederci sempre e comunque, tanto amore per lo sport e la sua essenza più pura.

Non è un caso se a dieci anni di distanza ancora ci si ricorda di quella Farfalla che ha danzato nell’aere con magistrale perfezione acciuffando i sogni di tutta una vita. È perché nessuna è riuscita minimamente ad avvicinarsi a quei risultati tecnici: se ne può parlare per quanto se ne vuole ma i palmares e i numeri non mentono mai nello sport. Podi, allori, trionfi, risultati hanno peso più di qualsiasi cosa.

Vanessa è una Campionessa maiuscola che ha dato tutta se stessa per la ginnastica artistica e probabilmente solo ora sta iniziando a capire l’importanza che ha rivestito per tutto il movimento, più di qualsiasi altra cosa.

Dieci anni dopo Aarhus solo lei, Oksana Chusovitina e Daniele Hypolito sono ancora in pedana (la brasiliana dovrebbe essere prossima al ritiro, l’uzbeka ha 41 anni e non ha intenzione di smettere dopo sette Olimpiadi). In uno sport a longevità minima basta questo dare per far capire da quanto tempo sia al vertice e ci auguriamo che ci rimanga ancora a lungo.

 

(foto Federginnastica)

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