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Boxe: si apre un nuovo ciclo verso Tokyo 2020. Pochi talenti italiani, la strada è lunga

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Tre cose me so’ riuscite dint’ ‘a vita, pecché aggia perdere pure chelle, che aggia ricomincia’ da zero?! Da tre!“. Con questa frase, Massimo Troisi, nei panni di Gaetano, spiegava il significato del titolo del suo primo film, Ricomincio da tre, all’amico Lello, interpretato da Lello Arena. Un discorso simile lo si può fare per l’Italia della boxe, reduce dalla disastrosa edizione olimpica di Rio 2016, e costretta ad una rifondazione dopo l’abbandono di Francesco Damiani e Raffaele Bergamasco. Se non sono proprio zero, sono infatti davvero poche le cose che si possono salvare della spedizione azzurra in Brasile.

Archiviata quella che resterà negli annali come una delle peggiori edizioni olimpiche nella storia dell’Italboxe, non si può far altro che iniziare a programmare il nuovo quadriennio a cinque cerchi in vista di Tokyo 2020. Guardando i dati in maniera realistica, è oggettivamente difficile che la nuova generazione di pugili riesca ad imitare i risultati di quella che l’ha preceduta, rappresentata simbolicamente da Clemente Russo e Roberto Cammarelle, senza dimenticare altri elementi che hanno regalato medaglie importanti come Domenico Valentino e Vincenzo Picardi. A fare da liason tra le due c’è poi Vincenzo Mangiacapre, colui che anagraficamente ha le maggiori possibilità di continuare per un altro quadriennio, assicurando una certa continuità.

Per quanto riguarda i giovani emergenti azzurri che sembravano promettere bene in vista di Rio 2016, fino ad ora non è ancora avvenuta la tanto attesa esplosione, nonostante le basi poste fossero ottime. Pensiamo soprattutto al peso supermassimo Guido Vianello, sul quale si puntava e si continua a puntare molto come possibile erede di Roberto Cammarelle nella categoria di peso più elevata, ma che alle ultime Olimpiadi non ha fatto vedere ciò di cui è capace. Anche Manuel Cappai, che nella categoria dei pesi minimosca disputava la sua seconda edizione della rassegna a cinque cerchi, è rimasto fermo al primo incontro, come già quattro anni fa a Londra.

Vi sono poi coloro che non si sono qualificati alle Olimpiadi, a partire dal peso medio Salvatore Cavallaro, altro pugile di belle speranze che a questo punto avrà altri quattro anni per riuscire ad affermarsi nei palcoscenici internazionali più importanti, senza dimenticare il peso gallo Francesco Maietta, sfortunato in occasione delle qualificazioni, quando ha dovuto dichiarare forfait prima dell’inizio del torneo. Ricordiamo, inoltre, che la boxe olimpica azzurra ha perso un elemento di grande prospettiva come Fabio Turchi, erede designato di Russo, che però sta ottenendo ottime prestazioni tra i professionisti. Il toscano, allo stesso tempo, potrebbe sfruttare l’apertura dell’AIBA verso i professionisti per puntare a Tokyo 2020 parallelamente alla propria carriera da “pro”.

Da inserire, infine, anche alcuni elementi provenienti dalle vittorie nelle categorie Youth e Junior, a partire dal campione olimpico giovanile di Nanjing 2014, Vincenzo Arecchia, anche se ultimamente il vivaio azzurro sembra produrre talenti con un ritmo inferiore rispetto al passato. Il compito dei nuovi tecnici sarà proprio quello di coltivare questi ragazzi nel modo migliore per farli arrivare alla maturità e provare a rinverdire la tradizione pugilistica italiana tra i dilettanti.

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Immagine: FPI

giulio.chinappi@oasport.it

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