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Calcio: tra oriundi e cittadini di seconda generazione, l’Italia del futuro si ispira a Francia e Germania

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Si chiamano “cittadini di seconda generazione” e l’accezione è divenuta molto celebre nell’ultimo mese in seguito agli attentati terroristici di Parigi del 13 novembre. Come si è scoperto fin dai primi giorni di indagini, infatti, gli artefici non erano immigrati clandestini o extracomunitari, bensì quasi tutti cittadini europei, della Francia o del Belgio, in possesso di regolare passaporto e con permesso di soggiorno attivo.

Senza alcun secondo fine razzista, dunque, persone normali ancor più normali. Da tradurre: inutile chiudere le frontiere, come qualcuno ha pensato di fare sguazzando per giorni nello sciacallaggio di 130 morti innocenti, perché i potenziali pericoli di nuovi attentati a firma Isis sembrano vivere già in Europa ed essere europei al 100%, anche a livello di ius soli. Sono – appunto – “cittadini di seconda generazione”.

Chiariamo la definizione prima di cambiare totalmente ambito. Il sito secondegenerazioni.it scrive di sé: “La Rete G2 – Seconde Generazioni è un’organizzazione nazionale apartitica fondata da figli di immigrati e rifugiati nati e/o cresciuti in Italia. Chi fa parte della Rete G2 si autodefinisce come “figlio di immigrato” e non come “immigrato”: i nati in Italia non hanno compiuto alcuna migrazione, e chi è nato all’estero ma cresciuto in Italia non è emigrato volontariamente, ma è stato portato in Italia da genitori o altri parenti. “G2” quindi non sta “per seconde generazioni di immigrati” ma per “seconde generazioni dell’immigrazione”, intendendo l’immigrazione come un processo che trasforma l’Italia, di generazione in generazione”.

Il fenomeno, inevitabilmente, si fonde anche con lo sport, il calcio in particolare. I cosiddetti “oriundi” esistono da sempre, basti pensare a Omar Sivori fino ad arrivare al campione del mondo 2006 Mauro German Camoranesi. Da Wikipedia, si tratta di “chi, nato e residente in una città o nazione, discende da genitori o antenati là trasferitisi dal paese d’origine“.

La definizione è tuttavia ben distante da quella di cittadini di seconda generazione, termine moderno citato nel 2007 anche dall’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e usato più volte pure dall’ex ct Cesare Prandelli. In sostanza, gli oriundi sono per esempio argentini, brasiliani, ecc… che possono giocare con la maglia dell’Italia grazie a un antenato proveniente dal Bel Paese, mentre i cittadini di seconda generazione sono a tutti gli effetti italiani, figli di coppie che in passato hanno lasciato il proprio stato d’origine.

Dunque “seconda generazione” nel pallone fa rima con immigrazione (mentre “oriundo” con emigrazione). Perciò, globalizzazione. E, quindi, anche progresso. Non a caso la Germania vincitrice degli ultimi Mondiali poteva contare su un folto numero di figli di immigrati, soprattutto dalla Turchia e dalla Polonia, per non parlare della Francia in pole position per vincere gli Europei di casa nel 2016 che da sempre vanta una Nazionale ricca principalmente di discendenti di nordafricani. E ancora: l’Olanda, il Belgio, la Svizzera e gli Usa. Il caso Diego Costa, conteso tra Spagna e Brasile prima di decidere per la Roja, è invece una naturalizzazione da oriundo, come Eder in azzurro.

Spesso e volentieri, tuttavia, in Italia lo “straniero” è visto come un nemico. E’ un paradosso rispetto a quanto avviene in Germania – Berlino è sempre più multietnica, e i risultati nello sport si vedono – ed è un paradosso rispetto al nostro passato, come detto costellato di oriundi fin dagli albori del gioco del calcio. Ma il materiale da sfruttare c’è. I tedeschi hanno investito dall’inizio del nuovo millennio e ora raccolgono i frutti con il sorriso. La Figc sta provando a farsi valere, ma nel marasma di continui problemi, scandali e crisi pare difficile progettare al meglio con i cittadini di seconda generazione.

Eppure qualcosa sta uscendo dai settori giovanili. Mario Balotelli è il nome che tutti ricordano per primo, ma la sua carriera sembra già piegare verso un lento declino a soli 25 anni. Dopo aver bruciato le tappe, Supermario non è mai cresciuto a livello mentale, ha fallito quando è stato chiamato a ricoprire il ruolo di leader in Nazionale e, come se non bastasse, sta pure combattendo contro un noioso problema fisico come la pubalgia. Tornato al Milan ha giocato solo tra fine settembre e inizio ottobre, sembra aver perso l’azzurro e difficilmente sarà convocato per Euro 2016. Di certo, al momento, sono impossibili le opportunità di vederlo titolare come ai Mondiali in Brasile. Ma la lista non si esaurisce con Balotelli. Un altro ex rossonero, che per altro sta vivendo un simile momento complicato con la maglia del Monaco, è Stephan El Shaarawy, cresciuto in Liguria da padre egiziano trasferitosi a Savona nel 1982. Lo stesso valeva per Hachim Mastour, ora in prestito agli spagnoli del Malaga, promettente trequartista tutto fantasia nato nel 1998 che tuttavia ha scelto il Marocco.

L’ottimo campionato del Bologna, che con l’arrivo di Roberto Donadoni si è risollevato salutando l’ultimo posto in classifica con quattro vittorie in sei partite, sta poi mettendo in bella luce il laterale sinistro Adam Masina (classe 1994) e il mediano del ’97 Amadou Diawara. In entrambi i casi, tuttavia, si deve parlare di naturalizzati, non di cittadini di seconda generazione, perché entrambi sono giunti in Italia solo dopo la nascita, avvenuta rispettivamente in Marocco e Guinea. Naturalizzati sono anche il difensore Elio Capradossi (’96), nato in Uganda e titolare nella Roma Primavera, e Kinglsey Boateng (’94), ala dell’under 21 dotato di un dribbling letale.

Se, come si usa dire in questa circostanza, è vero – e lo è sul serio – che i settori giovanili di tutte le squadre italiane sono pieni di oriundi e cittadini di seconda generazione, non resta dunque che aspettare la definitiva fine del processo di globalizzazione. In netto ritardo rispetto alla concorrenza, ma con la speranza che possa essere ugualmente redditizio. Anche se la sensazione è che ciò che dovrebbe cambiare è la mentalità, prima di tutto, per ispirarsi davvero a Francia e Germania.

 

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francesco.caligaris@oasport.it

Twitter: @FCaligaris

Foto da: pagina Facebook FC Bologna

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