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Formula Uno, la Ferrari dall’era Alonso a Vettel. È cambiato il vento a Maranello…

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Sembra siano passati decenni dalla chiusura della quinquennale parentesi in Ferrari di Fernando Alonso, in realtà, non c’è stato nemmeno un giro completo di calendario. Era infatti il 20 novembre 2014 quando veniva annunciato l’arrivo di Vettel a Maranello per la successiva stagione agonistica, tre giorni dopo ad Abu Dhabi, Alonso chiudeva al nono posto il suo ultimo GP in Ferrari, il 29 novembre il tedesco saliva per la prima volta a bordo di una Rossa, provando a Fiorano la F2012; il 1º febbraio 2016 debuttava la nuova SF15-T sul circuito di Jerez de la Frontera, nella prima sessione di test invernali. L’11 marzo Seb annunciava di aver scelto Eva come nome per la sua (già) amata Ferrari…

Perché questo breve excursus storico sul cambio della guardia tra il vecchio e il nuovo top driver del Cavallino? Perché i recenti, più che incoraggianti risultati della Ferrari affondano le loro radici in quei mesi. È stato l’inizio di un film della corrente Nouvelle Vague con alla regia il Team Principal Maurizio Arrivabene. Produttore della pellicola: Sergio Marchionne. I numeri non sempre dicono tutto, ma di sicuro dicono tanto, e soprattutto non possono essere né cancellati né confutati. Con la Scuderia di Maranello Alonso ha ottenuto, su 96 GP affrontati, 11 vittorie (media di un successo ogni 8,72 periodico gare disputate), 7 ritiri e 3 secondi posti definitivi nella classifica piloti. Però, attenzione, ogni statistica va “contestualizzata”. Degli undici trionfi di cui sopra, ben cinque – più altri cinque piazzamenti sul podio – furono incamerati nella prima stagione del matrimonio Alonso-Ferrari, quella 2010, anno in cui il distacco finale tra lo spagnolo e il vincitore del Campionato (in tutte e tre le occasioni, proprio Sebastian Vettel…) fu di quattro punti, presi tutti nell’ultima, sanguinosa gara di Abu Dhabi. “Meglio” si riuscì a fare solo nel 2012, quando Fernando perse il titolo per appena tre punti, anche in quel caso nell’ultimo appuntamento in calendario, l’incredibile gara bagnata di Interlagos. Un vero naufragio traumatizzante per Alonso e tutti i ferraristi. Infine, il 2013, stagione nella quale il pilota di Oviedo arrivò, sì, sul secondo gradino del podio iridato, ma con 155 punti di distacco da Vettel! E due soli GP vinti. Deludenti le annate 2011 e 2014: nel computo totale, una gara vinta e undici piazzamenti sul podio, distacchi siderali dalle vette della classifica piloti finale.

Sebastian Vettel. Tralasciando in questa sede l’imbarazzante – per gli altri colleghi del lotto – curriculum in Red Bull, il tedesco “mediterraneo” può già vantare successi interessanti alla roulette della Formula Uno 2015. Puntando sempre sul Rosso, ovviamente. Con cinque gare ancora da disputare, Vettel ha al suo attivo 3 vittorie (media di un successo ogni 4,6 periodico Gran Premi disputati) e 7 podi. Nel suo anno d’esordio in Ferrari, Alonso realizzò lo score 5 vittorie più 5 podi… Al di là delle statistiche, comunque incoraggianti per il teutonico di Maranello, e di uno stile di guida sopraffino, Seb ha colpito subito per la sua “presenza” fuori dalla pista. Vettel è un vero uomo squadra, dà la carica, trasmette energia e positività. Esattamente l’opposto di quanto faceva Alonso che in pista era eccellente, più in gara che in qualifica, ma fuori dall’abitacolo più che compattare, divideva. Anche nel momento più duro di questa stagione (tra il Canada e l’Austria), il campione di Heppenheim non si è mai lasciato sfuggire una parola sbagliata, una smorfia fuori posto. Anzi, i suoi inni di gioia dopo le vittorie sono già diventate un cult per i tifosi del Cavallino Rampante. La sua dedizione al team è straordinaria. Sa tanto di Michael Schumacher, uno che chiamava per nome tutti i meccanici, sapeva dei loro problemi, salutava i loro figli. Alonso non era un lupo solitario, ma era in vena solo quando le cose andavano bene, non appena la barca prendeva rotte avverse lui buttava tutti in mare per restare da solo sulla sua zattera in balia delle onde. Tecnicamente, il tedesco è superiore allo spagnolo in qualifica, il giro secco non è mai stato il forte di Fernando; in gara, poi, Sebastian è un animale da competizione che dà il meglio di sé quando è davanti, in fuga diventa pressoché imprendibile. Una sorta di Ascari dei nostri tempi.

La Ferrari aveva ormai bisogno di “un” Vettel e quest’ultimo aveva bisogno della Ferrari; il ventottenne tedesco ha già vinto tanto in carriera e sta entrando in fretta nel cuore della gente. Con una tuta rossa e il cavallino stampato sul cuore è tutto più facile, se vai forte così. Un po’ come Schumacher, che dopo i due Mondiali conquistati con la Benetton ha avuto bisogno di vestirsi di rosso per diventare leggenda.

 

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