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Editoriali

‘Italia, come stai?’: equitazione e canoa affondano. L’agosto nero dello sport azzurro

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I fasti dei Mondiali di nuoto a Kazan, con il record di medaglie e grandi prestazioni giunte da tutte le discipline, rischiano di rimanere un episodio isolato in un’estate azzurra sempre più nera. Un’oasi in un deserto sempre più arido…

Considerando il recente passato, era impensabile attendersi miracoli dai Mondiali di canoa velocità. Se le medaglie erano e restano fuori portata, nella rassegna iridata casalinga all’Idroscalo ci si attendeva perlomeno un’Italia in crescita rispetto alle ultime annate, capace di staccare almeno tre pass olimpici. Il bottino finale, tuttavia, si è rivelato magrissimo: zero podi (come nel 2014), una sola finale olimpica raggiunta ed un solo biglietto a cinque cerchi in saccoccia (peraltro ancora in attesa dell’ufficialità da parte della Federazione internazionale). Numeri incontestabili: la canoa italiana non riesce a risollevarsi dalle sabbie mobili, nonostante l’impegno e gli sforzi profusi. La strada verso la redenzione resta impervia.
A nostro avviso, l’errore principale si è materializzato nella gestione del K4 1000 metri, la barca ammiraglia che avrebbe potuto qualificarsi per le Olimpiadi solo attraverso i Mondiali. L’equipaggio assemblato dai tecnici era oggettivamente il migliore possibile: Giulio Dressino, Nicola Ripamonti, Alberto Ricchetti ed Albino Battelli. Tuttavia è stato costruito troppo tardi, in sostanza dopo i Giochi Europei di Baku nel mese di giugno: un lasso di tempo troppo esiguo per trovare la giusta amalgama in una specialità dove non basta avere quattro ottimi individualisti, ma nella quale l’affiatamento di squadra gioca un ruolo decisivo. In precedenza erano stati compiuti tanti, troppi esperimenti, il cui risultato è stato quello di perdere del tempo prezioso. Schierare Ricchetti nel K1 e Dressino-Ripamonti nel K2, inoltre, ha senz’altro contribuito a disperdere energie preziose in vista del K4. Trattasi della classica coperta corta: con un movimento che offre un numero limitato di canoisti di buon livello, i tecnici hanno dovuto fare di necessità virtù.
Fuori dalla finale per una manciata di centesimi gli emergenti Manfredi Rizza e Matteo Florio nel K2 200 metri, cui manca ancora qualcosa per compiere il definitivo salto di qualità (con il tallone d’Achille della partenza da risolvere in fretta, in una specialità dove si decide tutto in poco più di mezzo minuto). Respinto anche Sergiu Craciun, la punta di diamante della canadese nelle ultime stagioni. In vista di Rio, bisognerà ora puntare tutto sul K2 1000 metri, dove Dressino-Ripamonti possiedono margini di crescita importanti e potrebbero anche avvicinare le posizioni che contano.
Inadeguato ad un contesto internazionale, infine, il livello del settore femminile, letteralmente sprofondato nell’anonimato (come da previsioni, purtroppo) dopo l’addio del totem Josefa Idem.

Altro fallimento (preventivabile) è stato quello dell’equitazione. Agli Europei di Aachen il Bel Paese è rimasto ben lontano dalle posizioni che contano, dando addio a Rio 2016. Particolarmente grave la terza mancata qualificazione consecutiva per la squadra di salto ostacoli. Da tempo, malgrado qualche buona individualità (Emanuele Gaudiano, Piergiorgio Bucci, Lorenzo De Luca), non si riesce a creare un gruppo in grado di incidere sul proscenio mondiale, in particolare nelle occasioni che contano davvero. Spesso i nostri cavalieri primeggiano in competizioni di contorno, salvo dissolversi dinanzi ai primi esami di maturità. Addirittura sconvolgente l’ultimo posto della compagine di dressage (diciottesima su diciotto partecipanti…): l’assenza della punta Valentina Truppa non basta per giustificare una prestazione così dimessa ed insignificante. Purtroppo temiamo che il rendimento non sarà tanto diverso neppure agli Europei di completo.

Se canoa ed equitazione appaiono disperse nella selva oscura e intravedono il bagliore delle stelle come un miraggio, non se la passa molto meglio l’atletica. Al di là della coraggiosa e per certi versi commovente performance dei maratoneti, la selezione tricolore sta offrendo un rendimento che lascia attoniti, con eliminazioni al primo turno in serie. Un’eventuale medaglia nella marcia femminile (o nell’alto maschile, ma servirà un’impresa) non potrà cancellare la pochezza e la desolazione di un movimento in caduta libera da troppi anni, oltretutto nella totale noncuranza da parte degli organi dirigenziali dello sport italiano.

Difficile attendersi grandi exploit anche dai Mondiali di judo, dove di recente si è parlato più delle polemiche legate alle convocazioni che di risultati oltremodo scadenti nelle grandi rassegne internazionali.

Continuano ad annaspare anche le Farfalle della ginnastica ritmica, ancora una volta lontane dal podio nella tappa di Coppa del Mondo a Kazan. Troppi gli errori commessi dalle azzurre, tormentate da dubbi e paure proprio alla vigilia degli imminenti Mondiali di Stoccarda.

Si profila dunque un agosto nerissimo per lo sport italiano, iniziato con i fasti dell’acquaticità e poi costellato dai flop di canoa, equitazione, atletica (e judo?). L’auspicio è che qualcosa di buono possa giungere dai Mondiali di canottaggio in programma dal 30 agosto al 6 settembre in Francia, anche se la rivoluzione degli equipaggi messa in atto dallo staff tecnico lascia aperti diversi punti interrogativi.

Chiudiamo con l’unica nota lieta del fine settimana. Riccardo De Luca, dopo aver vinto la finale di Coppa del Mondo, ha agguantato anche un prezioso bronzo agli Europei di pentathlon a Bath, confermandosi ormai una certezza per uno sport tricolore alla disperata ricerca di ossigeno. Ancora altalenanti le prestazioni della nazionale femminile, dove si registra comunque la qualificazione a Rio di Alice Sotero.

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federico.militello@oasport.it

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