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Atletica, Mondiali 2015 – Italia, le pagelle degli azzurri: che disastro! Si salvano in pochi, il peggio di sempre

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Le pagelle dell’Italia al peggior Mondiale della sua storia. Pochissimi azzurri a salvarsi in un quadro desolante, con 0 medaglie, solo 4 finaliste, 11 punti, 12 eliminazioni su 15 al primo turno.

 

RUGGERO PERTILE: 9. Ci deve pensare un 41enne a ottenere il miglior piazzamento per l’Italia a questi Mondiali. In una Maratona, nervosa, tesa, controllata e corsa sotto un caldo torrido, strappa una quarta posizione encomiabile, in un contesto altamente competitivo e internazionale. Punta tutto sul ritmo, non gioca sugli strappi che ormai l’anagrafe non gli permette più, rimane in scia agli africani bravi poi ad andarsene via nel finale. Un’autentica magia, con il suo primato stagionale (2h14:23, l’unico azzurro a realizzare il best del 2015 in questa rassegna iridata oltre alla Hooper), nella più bella 42km della sua carriera. Un esempio.

 

ANTONELLA PALMISANO: 7,5. Si è presentata a Pechino in condizioni fisiche tutt’altro che eccellenti, ha stretto i denti e ha condotto una 20km accorta, tutta in rimonta e conclusa con un bellissimo quinto posto che la eleva al grado di big della disciplina. Quando starà al top potrà davvero togliersi delle soddisfazioni importanti. Una delle poche gioie in un Mondiale disastroso e in una gara che ci ha purtroppo viste fuori dal podio, obiettivo raggiungibile dalle ragazze.

DANIELE MEUCCI: 7,5. Peccato per il problema fisico a metà gara che lo ha costretto a frenarsi, altrimenti avrebbe potuto fare addirittura meglio della comunque rimarchevole ottava posizione (è uno dei celeberrimi quattro finalisti dell’Italia). Il Campione d’Europa si è cimentato contro atleti extra vecchio Continente per la prima volta in carriera e il risultato è più che soddisfacente (tra l’altro sarebbe stato settimo se gli organizzatori avessero segnalato l’arrivo come andrebbe fatto a un Mondiale). Tiene il passo dei migliori fino al 25esimo chilometro, poi riprende del suo passo e rimonta nella parte conclusivo. Una prova convincente in vista delle Olimpiadi dove potrà avere un ruolo da protagonista.

 

GLORIA HOOPER: 7. L’unica italiana a ottenere il personale in questi Mondiali va premiata. 22.92, tre centesimi meglio di quanto corso tre anni fa. Si è qualificata alla semifinale realizzando lo stagionale (22.99, unica insieme a Pertile e alle staffette), una buona corsa in una gara che avrebbe poi assunto contorni epici in finale. Contribuisce poi a una buona 4x100m.

4×400 METRI: 7. Senza Libania Grenot, fermata da un infortunio dell’ultimo minuto (?), le ragazze corrono in 3:27.07, quarto crono italiano di sempre e si fermano al nono posto, a un secondo dalla finale. Chigbolu, Bonfanti, la 19enne Folorunso e Bazzoni hanno fatto il loro.

4×100 METRI: 7. Secondo tempo italiano di tutti i tempi per Riva, Siragusa, Bongiorni, Hooper che chiudono la loro prova in 43.22. Dodicesimo posto, ma comunque interessante. Peccato per la sbavatura all’ultimo cambio: il 43.04 del record nazionale non era poi così lontano.

 

ELENORA GIORGI ed ELISA RIGAUDO: S.V. Andrebbe valutata la squalifica. Giusta o non giusta? Si sono già aperte un’infinità di polemiche, come la marcia ci ha purtroppo abituato nella sua storia. Il bronzo olimpico non era mai stata stoppata da un giudice in tutta la sua carriera, ritenuta sempre un esempio di pulizia tecnico. La brianzola ha forzato nel finale e si è presa un uno-due che l’ha esclusa lasciandola perplessa.

Fino al 17esimo chilometro le azzurre erano in piena corsa per il podio: quarta e quinta, attaccate all’ucraina che avrebbe poi preso il bronzo. Per come si stava sviluppando la gara le due sarebbero state da 7 (se non fosse arrivata la medaglia) anche se, e non nascondiamoci, ci si aspettava il podio considerando l’assenza delle russe e per quanto fatto vedere della Giorgi in stagione.

 

GIANMARCO TAMBERI: 6,5. L’ottavo posto finale non può essere appagante (unico azzurro a strappare un punto in pista). Si era presentato col record italiano di 2.37, terza prestazione mondiale stagionale: ci si aspettava qualcosa in più. Non può essere soddisfacente un’uscita con tre nulli a 2.29 e un 2.25 superato al primo tentativo. A molti non è piaciuto anche il suo eccessivo istrionismo: chiamare clap ed esaltarsi in certi modi a misure tutt’altro che impossibili (considerando il livello attuale dell’alto) hanno stonato un po’ con la finale.

MASSIMO STANO: 6-. A onor del vero ha fatto il suo. Convocato all’ultimo, il 23enne ha colto l’occasione per fare esperienza. Ha rimontato gradualmente, facendo il tuo tipo di marcia, chiudendo al 19esimo posto (migliore degli italiani). In un contesto così desolante si può meritare una sufficienza risicata, ma solo perché gli altri azzurri sono stati inguardabili.

 

LIBANIA GRENOT: 4. Urla di guerra prima dei Mondiali, poi in pista si vede davvero poco. La Campionessa d’Europa accede alle semifinale per il rotto della cuffia, con il quarto tempo di ripescaggio (10 centesimi peggio e sarebbe rimasta fuori). Poi corre in 51.14, ma la finale era impossibile (serviva 50.50). Di certo si aspettava un altro atteggiamento e un altro piglio da parte della Panterita che poi non partecipa alla staffetta per infortunio (?).

MARIA BENEDICTA CHIGBOLU: 4. La media tra una prova individuale davvero anonima nelle batterie dei 400m e una buona prestazione in staffetta. Troppo discontinua, deve trovare più regolarità nelle proprie prestazioni.

 

MARCO LINGUA: 2. Si scioglie nell’occasione che conta, come già capitato altre volte. In stagione aveva spedito il proprio attrezzo a 78.29 e lui cosa fa al Mondiale? Scaglia il martello sei metri indietro, a 72.85. Che controprestazione! Un’eliminazione anonima in qualificazione quando per l’accesso alla Finale a 12 bastavano 74.51 metri, tutt’altro che impossibili.

SILVIA SALIS: 2. Poco da dire sulla gara della ligure. Un mesto 66.90 che la lascia abbondantemente fuori da una Finale a 12 per cui, manco a dirlo, sarebbe bastato realizzare lo stagionale.

CHIARA ROSA: 2. Che delusione la capitana. Difficilmente la veneta è incappata in grosse controprestazioni nelle occasioni che contavano ma nemmeno lei si salva in una nave che è affondata inesorabilmente. Il suo peso cade alla modesta distanza di 17.54, nettamente lontana dal proprio stagionale e da una qualificazione più che facile fissata a 17.73. Che disastro!

SIMONE LA MANTIA: 2. Da una titolata che in stagione era tornata oltre i 14 metri ci si aspettava una facile qualificazione alla Finale a 12. Macché. Fatica a impostare il primo salto, non riesce a trovare la quadratura alla chiusura, piazza un deludente 13.77 in una gara che regalava il pass all’atto conclusivo con soli 13.84 metri. La siciliana deve mangiarsi le mani, così proprio non può andare.

 

GIORDANO BENEDETTI: 2. Visione tattica ancora una volta insufficiente e incapace di supportare un buon talento (o presunto tale). Serve il terzo posto nella sua serie di batteria per accedere alla semifinale: è l’obiettivo minimo per chi, dopo un’eccellente prestazione in Coppa Europa, ambisce addirittura alla finale. Si mette subito in testa, sta per agguantare il piazzamento necessario ma non si accorge che sulla destra lo sta infilzando lo statunitense Murphy. Il tempo è troppo alto (1:48.15) e manca anche un fattibile ripescaggio.

MARGHERITA MAGNANI: 2. Corre nella batteria della Dibaba ma non riesce ad acciuffare il treno che l’avrebbe portata a una semifinale: non era impossibile.

JACQUES RIPARELLI: 2. La preoccupazione, dopo una gara anonima, non può essere quella di rispondere a dei giornalisti dando delle lezioni di italiano e di vocabolario sul sostantivo “velocista”. Ci vorrebbe una seria sessione di autocritica e analisi. Altissimo 10.41 sui 100m che lascia poco spazio a delle valutazioni tecniche: tre decimi sopra al 10.11 stagionale, tempone che aveva fatto sognare qualche mese fa, brutta uscita dai blocchi, volata che manca.

JAMEL CHATBI: 2. Scendiamo nell’anonimato puro. Correre un 3000m siepi in 8:47… Il tempo si commenta da sé, la prestazione altrettanto. Non ci fosse stato, onestamente, poco sarebbe cambiato alla spedizione azzurra.

YADISLEIDY PEDROSO: 2. Certi errori tecnici non si possono vedere a un Mondiale. Inciampare così nell’ultima barriera quando si ha la semifinale agevolmente in tasca. Disattenzione culminata in capitombolo che ha portato l’italo-cubano faccia a terra sulla pista di Pechino. Quella foto è probabilmente l’immagine dell’Italia a questi Mondiali: sprofondata, incapace di rialzarsi.

GIORGIO RUBINO: 2. Mai in gara nella 20km di marcia. Lui capace di conquistare un quarto e un quinto posto ai Mondiali. Un deciso e inatteso passo indietro. Non può bastare il ventesimo posto finale, in un poco rimarchevole 1h23:23, per meritare qualcosa in più.

FEDERICO TONTODONATI: 2. Gara assolutamente anonima nella 20km di marcia, 25esimo posto senza provare a cambiare il passo.

MARCO FASSINOTTI: 2. Altro emblema di questa Italia: l’infortunio poco prima dell’appuntamento clou. Tentativi di recupero, poi la rinuncia durante il riscaldamento. Lui si allena in Gran Bretagna con tecnico straniero, a parziale discolpa dei criticati coach italiani.

MARCO DE LUCA, MATTEO GIUPPONI, TEODORICO CAPORASO: 2. Il terzetto della 50km di marcia ha purtroppo dato pochissimo all’immagine dell’Italia, fuori dai migliori 15 senza mai mettersi in luce. Ci si aspettava qualcosa in più soprattutto da De Luca.

 

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