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Italrugby: dall’Irlanda all’Irlanda, un anno di disillusioni. E con l’Inghilterra…

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La reazione alla magra figura compiuta di fronte all’Olimpico era attesa da tutto il popolo della palla ovale italiana e, puntualmente, è avvenuta nel primo tempo della sfida di Dubino. Un’Italia tutt’altro che sorprendente quella ordinata ed aggressiva ammirata nei 40′ iniziali contro l’Irlanda, a sottolineare ulteriormente le qualità di una Banda Brunel anche produttiva quando le circostanze lo consentono. L’altra faccia della medaglia, però, è altrettanto ritrita e abituale ed è prepotentemente tornata in voga dopo un periodo (seppur breve) di piacevole distacco, vale a dire – ça va sans dire –  il repentino crollo prestazionale nella seconda parte degli incontri, ‘compagno di viaggio’ dell’Italrugby nel suo calo dell’ultimo anno.

Il Sei Nazioni 2013 aveva rappresentato la parentesi maggiormente ricca di soddisfazioni nella storia recente della Nazionale azzurra, con il secondo quarto posto nel torneo e, soprattutto, due vittorie per nulla banali, sia per gli avversari che per il modo in cui sono state conquistate, lottando ininterrottamente per 80′ senza mai mollare la presa. Un’Italia perfettamente organizzata in campo, a tratti anche bella da vedere e con una mentalità rivolta costantemente verso il risultato pieno, indipendentemente dalla caratura di chi si parava sul loro cammino. In seguito alla vittoria sull’Irlanda, avevamo parlato di inizio di una nuova era, in cui la mano sapiente di Brunel avrebbe potuto condurre l’Italrugby verso orizzonti finora inesplorati, nonostante alle sue spalle il movimento italiano non stesse progredendo come una partecipante del Sei Nazioni avrebbe meritato. D’altronde, i risultati sul campo esplicavano chiaramente i continui progressi compiuti da Parisse&co. e auspicavano degli ulteriori passi in avanti con l’aumentare del minutaggio complessivo del gruppo, a partire magari dalla tournée in Sudafrica. Complice anche la stanchezza accumulata nel corso di una stagione più che mai logorante, però, l’Italrugby era tornata in Italia con le ossa rotte e con il morale sotto i tacchi dopo due batoste e una beffa – sempre contro la Scozia – e, probabilmente, qualcosa aveva cominciato a scricchiolare nei meccanismi della Banda Brunel, fino a crollare in un disastroso novembre di test match, il mese delle prime disillusioni.

Australia, Fiji e Argentina, ognuna in modi diversi, avevano tolto la maschera ad una squadra lontana parente di quella ammirata nel Sei Nazioni, sebbene la spina dorsale non fosse granché mutata. A distanza di un anno, dalle prime avvisaglie di crescita manifestate nei test autunnali 2012, l’Italrugby era regredita nuovamente ad uno stato quasi primitivo, in cui a farla da padrone erano le disattenzioni, la totale assenza di qualità palla in mano e un atteggiamento svagato e privo della grinta e dell’orgoglio, da sempre caratteristiche degli azzurri. C’era chi chiedeva anche la testa di Brunel, sebbene il ct francese avesse meno colpe di quanto si potesse presumere, in quanto la crisi della sua Banda aveva indubbie origine celtiche. L’equazione, d’altronde, è semplice. Se il Benetton Treviso, fornitore della maggior parte dei titolari in azzurro, stenta in maniera evidente nel Pro12 a livello fisico e mentale – quanto ha pesato l’incertezza intorno all’uscita o meno dell’Italia dalla lega -, difficilmente il gruppo di biancoverdi avrebbe potuto incidere qualitativamente in positivo sul rendimento azzurro, anzi. E le premesse con cui l’Italrugby si presentava ai nastri di partenza del Sei Nazioni non garantivano un pronto riscatto.

Eppure, nell’esordio al Millennium Stadium tutto si trasforma, tutto si capovolge. Gli azzurri tengono testa al Galles per tutto il match e restano sul pezzo per 80′, differentemente da quanto accaduto a novembre, e allontanano le critiche con una prestazione che ricorda quelle di un anno prima, quando l’Italia si permetteva il lusso anche di provare l’impresa a Twickenham di uscirne rammaricata. Sembrerebbe il preludio ad una rinascita ma, tra uno snervante inizio di ripresa a Parigi e un secondo tempo ingiudicabile contro la Scozia, ecco invece la definitiva disillusione, dopo quella maturata a novembre ma apparentemente spazzata via.

Il resto è storia delle ultime ore, con l’ennesimo crollo dopo 40′ di ottimo livello e l’impressione di non riuscire mai a compiere quel passo verso le porte del paradiso, nonostante una qualità generale dell’attuale gruppo azzurro da non sottovalutare, come evidenziato anche all’Aviva Stadium. Proprio su questo – e sulle indicazioni positive raccolte finora – Brunel dovrà puntare per poter uscire dal purgatorio, malgrado a Roma si presenti un’Inghilterra assetata di sangue e di mete, che vorrà far valere tutta la sua superiorità per schiacciare gli azzurri e conquistare il torneo. Gli estremi per un’impresa non sembrano esserci e le analogie con il percorso di avvicinamento alla sfida dello scorso anno non appaiono convincenti, ma l’Italrugby ha il dovere di provarci, anche per regalare ai 60.000 che affolleranno l’Olimpico finalmente un’emozione. E non una disillusione.

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daniele.pansardi@olimpiazzurra.com 

Foto: Fotosportit/FIR

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